III DOMENICA DOPO PASQUA
Tristezza d'esilio
Come la Chiesa è atrio al Paradiso, così il mondo è atrio all'inferno. Perciò, la terra, al presente, è la Babilonia, ove due stirpi, dagli opposti destini, debbono alquanto convivere. Nostalgia di patria e persecuzione dei nemici fanno ben triste questa valle d'esilio (Ingr., Lez., Salm., Ep, Vang., Postevang., Off.). La Liturgia con accento di celeste tristezza oggi ci avverte che la Chiesa quaggiù è viandante e militante. Essa attende che passi la nera nube, che momentaneamente oscura il suo bel sole e ritorni, così, la luce della chiara visione. Nel Vangelo, infatti, è detto che Gesù è il nostro bene e il suo Volto il nostro gaudio. Fin quando si tiene nascosto, il cuore ci si riempie di tristezza; ma quando finalmente tornerà, «il vostro cuore gioirà e nessuno più vi toglierà la vostra gioia». Intanto, la Chiesa, accampata presso i fiumi di Babilonia, (Off.), trova conforto alle sue lacrime, ripensando a Colui che, nato dalla Vergine, è morto e risorto per lei; e si ciba di quel meraviglioso e soavissimo Pane di Cielo, che egli le ha lasciato in dono (Confr., Trans.).
Letture: Atti degli Apostoi 5, 33-42
Lettera ai Corinti 7, 10-13
Vangelo secondo Giovanni 16, 16-22